Ma nel tiranno non v'è chi possa mai fondare alcuna fiducia, e neppure i di lui più favoriti, dai quali appunto egli ha appreso di poter tutto a sua voglia, di non esservi nè dritto nè dovere alcuno, che lo astringa, facendo conto di far tenere alla propria volontà il luogo della ragione, e di non aver nessuno eguale, ma d'essere il padrone di tutti. Per la qual cosa non fa egli gran compassione il vedere, che, ad onta di tanti luminosissimi esempj, e a dispetto dell'imminente pericolo, non si trovi pur uno, che divenir voglia saggio a spese altrui? E che non vi sia fra tanti, che si affannano sì volentieri di avvicinarsi al tiranno, chi abbia l'occorgimento e l'ardire di dirgli ciò che narra la favola aver detto la volpe al leone, che fingea d'essere ammalato: "Io verrei con piacere a visitarti entro la tua tana, se non fosse, ch'io osservo sul cammino assai orme di animali, rivolte verso di te e non ne veggo neppur una rivolta in dietro ".
Codesti meschini veggono risplendere i tesori del tiranno, e fissano tutti stupefatti i loro occhi ne' raggi della sua pompa, e allettati da quello splendore si avvicinano senza badare, ch'essi vanno a precipitarsi in un fuoco, che non potrà far a meno di non consumargli. Così fece il satiro della favola, che veduto avendo rilucere il fuoco ritrovato dal saggio Prometeo, gli parve sì bello, che corse tosto a baciarlo, e vi si scottò(33). Lo stesso accade alle farfalle, le quali si vanno a gittar nel fuoco, sperando di ritrovarvi qualche gran piacere, perchè risplende, ma provano ben tosto al dir del Poeta Lucano, l'altra di lui qualità, cioè che brucia.
| |
Prometeo Poeta Lucano
|