Di simile natura ne troviamo noi molte tanto in Grecia, quanto nella città di Roma: e della stessa maniera abbiamo quasi tirata tra noi l'antica opinione, che avemmo dell'oroflamma, l'invenzione de' nostri gigli d'oro, che attribuiamo alla divinità, e diverse cose simili; le quali benchè non sieno sostenute da autori antichi, pure conviene ad ogni buon cittadino di crederle per la maestà dell'impero. Ridotto tutto ciò al suo giusto valore significa che bisogna credere per compiacenza simili cose, cioè, che il crederle è cortesia. In un altro luogo dell'opera stessa (lib. 2. Cap. 17.) Pasquier osserva, che vi sono stati de' re di Francia, che hanno avuto per armi tre rospi; ma che Clodoveo, per rendere il suo regno più miracoloso, si fece portare da un eremita, come se fosse avvertimento celeste, i gigli d'oro, li quali si sono continuati fino a noi. Quest'ultimo passo non ha bisogno di comentario. L'autore vi dichiara con molta nettezza, e senza riserva a chi debba attribuirsi l'invenzione de' gigli d'oro.
(21) Nel testo originale "Rousard". Corretto dopo confronto con l'originale francese. [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]
(22) Nel testo originale "da" [Nota per l'edizione elettronica Manuzio]
(23) Et lapsa ancilia coelo. Virg. Æneid. lib. 8. vers. 664.
(24) Callimaco nel suo Inno a Cerere parla d'un paniere, che si supponeva, che discendesse dal Cielo, e che si portasse verso la sera nel tempio di questa Dea, quando si celebrava la sua festa. Suida sù la parola portator di panieri dice, che la cerimonia de' panieri fu istituita sotto il regno di Erisictone; e forse perciò la Boetie si è avvisato chiamarlo paniere di Erisictone.
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