Resulta da ciò, in terzo luogo, che per procedere dalla sottostante struttura all'insieme configurativo di una determinata storia, occorre il sussidio di quel complesso di nozioni e di conoscenze, che può dirsi, in mancanza d'altro termine, psicologia sociale. Né intendo con ciò di alludere alla fantasticata esistenza di una psiche sociale, né alla escogitazione di un preteso spirito collettivo, che per proprie leggi, indipendenti dalla coscienza degl'individui e dai loro materiali ed assegnabili rapporti, si esplichi e manifesti nella vita sociale. Cotesto è misticismo schietto. Né intendo di riferirmi a quei tentativi di generalizzazione combinatoria, pei quali furono scritti dei trattati di psicologia sociale, la cui idea è questa: trasferire ed applicare ad un escogitato soggetto, che si chiama la coscienza sociale, le categorie e le forme accertate della psicologia individuale. E non voglio nemmeno alludere a quel coacervo di denominazioni semiorganiche e semipsicologiche, per cui l'ente società, alla maniera dello Schäffle, acquista, e cervello, e midollo spinale, e sensibilità, e sentimento, e coscienza, e volontà e così via. Ma intendo di parlar di cosa più modesta e prosaica; ossia di quelle concrete e precise forme di spirito, per cui ci appaiono così fatti com'erano i plebei di Roma di una determinata epoca, o gli artigiani di Firenze di quando scoppiò il moto dei Ciompi, o quei contadini di Francia, nei quali s'ingenerò, secondo l'espressione di Taine, l'anarchia spontanea dell'89, quei contadini, che divenuti poi liberi lavoratori e piccoli proprietarii, o aspiranti alla proprietà, da vincitori oltre i confini a breve andare si trasformarono in automatici istrumenti della reazione.
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