Anche le idee suppongono un terreno di condizioni sociali, ed hanno la loro tecnica: ed il pensiero è anch'esso una forma del lavoro. Spostare quelle e questo ossia, le idee ed il pensiero, dalle condizioni e dall'ambito di lor proprio nascimento e sviluppo, gli è svisarne la natura e il significato.
Mostrare come la concezione materialistica della storia fosse nata precisamente in date condizioni e cioè non come personale e discutibile opinione di due scrittori, ma come una nuova conquista del pensiero per la inevitabile suggestione di un nuovo mondo che si sta generando già, ossia la rivoluzione proletaria, questo fu l'assunto del mio primo saggio. Il che è quanto dire, che una nuova situazione storica si è completata del suo congruo istrumento mentale.
Ora immaginare, che cotesta produzione intellettuale potesse avverarsi in ogni tempo e luogo, gli è come assumere a regola delle proprie ricerche l'assurdo. Trasferire le idee a capriccio, dal terreno e dalle condizioni storiche in cui son nate, in qualunque altro terreno, ciò è come prendete a base del ragionamento il semplice irrazionale. E perché non si dovrebbe immaginare del pari, che la città antica, nella quale nacquero l'arte e la scienza greca e il diritto romano, rimanendo pur città antica di democrazia con gli schiavi, acquistasse medesimamente e sviluppasse tutte le condizioni della tecnica moderna? Perché non credere, che la corporazione artigiana medioevale, rimanendo qual essa era nel suo quadro fisso, s'avviasse alla conquista del mercato mondiale, senza le condizioni della concorrenza sconfinata, che cominciarono appunto dall'eroderla, e negarla?
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