Donde lo stato avesse avuto origine, e in che cosa trovasse fondamento al suo perpetuarsi, non importava, come non importa al comune ragionamento. I problemi di indole genetica spuntano, com'è risaputo, assai tardi. Lo stato c'è, e trova la sua ragione nella sua necessità attuale: - tanto è vero, che la fantasia non ha potuto adattarsi all'idea, che una volta non ci fosse, e ne ha prolungata la esistenza congetturale fino alle prime origini del genere umano. Iddii, o semidei ed eroi ne furono gli istitutori, nella mitologia per lo meno; come nella teologia medievale il papa fa da fonte prima, e per ciò divina e perpetua, di ogni autorità. Ancora ai tempi nostri, viaggiatori inesperti e missionarii idioti trovano da per tutto lo stato, là dove non è, presso i selvaggi e i barbari, che la gens, o la tribù delle genti, o l'alleanza delle genti.
Due cose sono occorse, perché tali pregiudizii del ragionamento rimanessero vinti. In primo luogo fu necessario si riconoscesse, che le funzioni dello stato nascono, crescono, diminuiscono, si alterano e si succedono col variare di certe condizioni sociali. In secondo luogo è convenuto si arrivasse ad intendere, che lo stato esiste e si regge in quanto è ordinato a difesa di certi determinati interessi, di una parte della società, contro tutto il testo della società stessa, la quale deve esser fatta di tal modo, nel suo insieme, che la resistenza dei soggetti, dei maltrattati, degli sfruttati, o si disperda nei molteplici attriti, o trovi compenso nei parziali, per quanto miseri, vantaggi degli oppressi stessi.
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