Difatti, di fronte al particolarismo dei diritti, che erano, o consuetudini di popoli barbari, o privilegi di un corpo, o concessioni papali ed imperiali, quel diritto appariva come la universalità della ragione scritta. Non era esso arrivato a considerare la personalità umana nei suoi più astratti e generali rapporti; in quanto un qualunque Tizio è capace di obbligarsi e di obbligare, di vendere e di comprare, di cedere, donare e così via? Il Diritto Romano, per quanto elaborato nella sua ultima redazione per autorità d'imperatori da giuristi servili, appariva, dunque, in sul declinare delle istituzioni medievali, come una forza rivoluzionaria, e come tale era un grande progresso. Cotesto diritto così universale, che dava i mezzi per isconvolgere e rovesciare i diritti barbarici, era certamente un diritto più rispondente alla natura umana guardata nei suoi rapporti generici; e nella sua opposizione ai diritti particolari e di privilegio appariva come un diritto di natura.
E' noto, del resto, come la ideologia del diritto di natura sia nata. E' venuta nel suo massimo fiore nei secoli decimosettimo e decimottavo; ma fu di lunga mano preparata dalla giurisprudenza che pigliava a suo fondamento il Diritto Romano, o adottato, o rimaneggiato, o commentato.
Nella formazione della ideologia del diritto naturale concorse un altro elemento, ossia la filosofia greca delle epoche posteriori. I greci, che furono gli inventori di quelle determinate arti del pensiero che sono le scienze, non trassero mai, com'è risaputo, dalle molteplici leggi locali loro una disciplina che corrisponda a ciò che noi chiamiamo giurisprudenza.
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