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      In terzo luogo, come già dissi, gli uomini, vivendo socialmente, non cessano di vivere anche nella natura. A questa non sono certo legati come gli animali, perché vivono sopra un terreno artificiale. Ognuno del resto capisce, che la casa non è la grotta, l'agricoltura non è il pascolo naturale, e la farmacia non è l'esorcismo. Ma la natura è sempre il sottosuolo immediato del terreno artificiale, ed è l'ambito che tutti ci recinge. La tecnica ha messo fra noi animali sociali e la natura i modificatori, i deviatori, gli allontanatori degl'influssi naturali; ma non ha perciò distrutta la efficacia di essi, e noi anzi di continuo la sentiamo. E come noi nasciamo naturalmente maschi e femmine, moriamo quasi sempre nostro malgrado, e siamo dominati dall'istinto della generazione, così noi portiamo anche nel temperamento condizioni specifiche, che l'educazione nel lato senso della parola, ossia l'accomodazione sociale, può modificare sì, entro certi limiti, ma non può mai distruggere. Queste condizioni di temperamento ripetute in più esemplari, e derivatesi in più esemplari attraverso i secoli, costituiscono ciò che si chiama carattere etnico. Per tutte coteste ragioni, la nostra dipendenza dalla natura, per quanto diminuita dai tempi della preistoria in qua, si continua nel nostro vivere sociale; come in questo si continua anche l'alimento che dallo spettacolo della natura stessa viene alla curiosità ed alla fantasia. Ora cotesti effetti della natura, coi sentimenti immediati o mediati che ne resultano, per quanto avvertiti, da che c'è storia, solo attraverso l'angolo visuale che ci è offerto dalle condizioni della società, non mancano mai di riflettersi nei prodotti dell'arte e della religione; la qual cosa complica le difficoltà della interpretazione realistica e piena dell'una e dell'altra.


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Del materialismo storico
Dilucidazione preliminare
di Antonio Labriola
pagine 163