Né solo i modi del far la guerra, e i raffinamenti dell'astuzia politica passaron fuori dell'Italia (della qual cosa soltanto si occupano di solito i letterati); ma anche l'arte del far danaro in tutta la evidenza di una elaborata disciplina commerciale; e, via via, i rudimenti della scienza, su i quali è fondata la tecnica moderna, e innanzi tutto la metodica irrigazione dei campi, e le leggi generali dell'idraulica. Tutto ciò è tanto precisamente vero, che ad un amatore di tesi congetturali potrebbe saltar in capo di proporsi questo quesito: cosa sarebbe stato dell'Italia, in questa moderna epoca borghese, se, avverandosi il progetto del Senato veneto (1504) di far qualcosa che avrebbe rassomigliato negli effetti al taglio dell'istmo di Suez, la marina italiana si fosse trovata a contendere direttamente coi portoghesi nell'Oceano Indiano, in quel momento appunto, in cui il trasferimento dell'azione storica dal Mediterraneo all'Oceano preparava la decadenza nostra? Ma basta di tale fantasia!
Una certa continuità storica, nel senso empirico e circostanziato della trasmissione e del successivo incremento dei mezzi della civiltà, è un fatto, dunque, incontrastabile. E sebbene questo fatto escluda ogni idea di preconcetto disegno, di finalità intenzionale o latente, di prestabilita armonia, e tutte quelle altre fantasticherie su le quali si è tanto speculato, non per ciò solo esclude l'idea del progresso, che noi possiamo usare come di valutazione del corso del divenire umano. Gli è indubbio sì, che il progresso non abbraccia materialmente il succedersi delle generazioni, e che la sua nozione non implica nulla di categorico, tanto che le società han fatto anche regresso, ma ciò non toglie che cotesta idea possa servirci come di filo conduttore e di stregua, per dare significazione al processo storico.
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