Ecco qua un coacervo di obiezioni in nome del positivismo sì, ma non in nome della revisione diretta ed autentica dei problemi della scienza storica, e non in nome delle questioni politiche attuali. La così detta crisi non diventa, né il subietto di un esame da pubblicista, né l'obietto di uno studio da sociologo, ma è come uno spazio vuoto o una pausa, in cui l'autore vada a deporre, o a recitare, le sue filosofiche proteste.
Uno studio, né vano né privo d'interesse, è dedicato alla formazione prima del pensiero di Marx (pp. 17-89). Ma il facit è da ultimo assai meschino. "Nella costante mutazione dell'ordinamento sociale venne Marx da ultimo a trovare la ragione storica del comunismo, come quello che s'imponga da sé. - Secondo Marx la filosofia è la copia naturalistica del processo del mondo. - Il comunismo è dato dalla storia stessa. - Il materialismo di Marx è un materialismo storico". - Proposizioni come queste, le quali riproducono a un di presso il pensiero fondamentale dello scrittore che si ha per mani, dovrebbero indurre, pare a me, il critico a rifarsi su i fondamenti di tali concezioni, per rovesciarli, se mai, con una critica ab imis. Ebbene, che fa il signor Masaryk? Pochi righi dopo scrive: "La sua filosofia e quella di Engels hanno il carattere dell'eccleticisino". - E poi ci regala, alla lettera D del capo II, una insalata russa delle opinioni in contraddittorio di Bax, K. Schmidt, Stern, Bernstein, Plekanoff, Mehring, in quanto han discusso se tale filosofia, diciamo così marxistica, sia conciliabile o no col ritorno a Kant, a Spinoza, o a che altro siasi; e non gli sovviene del poeta, che assistette alla fondazione della Università di Praga, per esclamare con lui:
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