Ma già, si sa: - in questa fin di secolo, tutta business, tutta faccende, tutta affari e tutta merci, il pensiero non si presta a circolar per il mondo, se non fissato e fermato anch'esso nella riverita forma di merce, cui faccia compagnia la fattura del libraio, e giri attorno, da agile messaggera di sincerissime lodi, la onesta réclame editoriale. Forse nella società dell'avvenire, in quella nella quale noi c'infuturiamo con le nostre speranze, e assai più con certe illusioni, che non sempre son frutto di una ben plasmata fantasia, cresceranno a dismisura, da parer legione, gli uomini atti a discorrere con la divina gioia della ricerca e con l'eroico coraggio della verità, che ora ammiriamo in Platone, in Bruno, in Galilei, e si moltiplicheranno in infiniti esemplari i Diderot capaci di scrivere le profonde capestrerie di Jacques le fataliste, che per ora abbiamo la debolezza di credere insuperate. Nella società dell'avvenire, nella quale l'ozio, ragionevolmente cresciuto per tutti, darà a tutti, con le condizioni della libertà, i mezzi per civilizzarsi, le droit à la paresse - la felicissima trovata del nostro Lafargue - farà spuntare ad ogni angolo di strada dei perditempo di genio, che, come il nostro maestro Socrate, saranno operosissimi di operosità non messa a mercede. Ma ora... in questo mondo, nel quale solo i matti da manicomio hanno le traveggole del prossimo millennio, molti sfaccendati sfruttano, come per proprio diritto e professione, la pubblica stima coi loro ozii letterarii.
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