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      In Francia, in Italia, nella Germania stessa, menavano vita rachitica i derivati volgarissimi di quella economia vulgaris, che fra il '40 e il '6o avea già obliterata la coscienza critica dei grandi economisti classici. L'Inghilterra s'era acquetata in Stuart Mill; il quale, sebbene fosse un loico di professione, come accade d'un noto tipo della nostra commedia, fra il sì e il no rimase sempre, nei punti decisivi, del parer contrario. Nessuno avrebbe pensato a quel tempo a questa neo-economica degli edonisti, sorta ora assai di recente. In Germania, dove, per ragioni evidenti, prima che altrove Marx dovea esser letto, e dove Rodbertus rimaneva quasi ignorato, spadroneggiavano i genii della mediocrità, e sopra tutti gli altri quel famoso emarginatore di note erudite e minute, via via apposte a paragrafi pieni zeppi di definizioni nominali e spesso insensate, che fu il signor Roscher. Il primo volume del Capitale parea proprio fatto a posta per preparare ai cervelli dei professori e degli accademici una triste delusione: essi, i dotti en titre, proprio nel privilegiato paese dei pensatori, dovean tornare a scuola! O smarriti nei minuti particolari della erudizione, o vogliosi di convertire l'economia in una scuola di apologetica, o imbarazzati a trovare le plausibili applicazioni di una scienza venuta d'oltre mare alla vita assai difforme del proprio paese, tutti cotesti professori della terra dei dotti per eccellenza aveano dimenticata l'arte dell'analisi e della critica. Il Capitale li costringeva a studiar daccapo; cioè a rifarsi su gli elementi primi.


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Discorrendo di socialismo e di filosofia
di Antonio Labriola
pagine 183

   





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