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      Perché quel libro, quantunque uscito dalla penna di un comunista estremo e risoluto, non recava tracce in sé di proteste o di progetti subiettivi, ma era l'analisi spietatamente rigorosa e crudelmente obiettiva del processo della produzione capitalistica. Nel giornalista rivoluzionario del 1848, nell'espatriato del 1849 c'era, dunque, qualcosa di assai più terribile che non la continuazione o il complemento di quel socialismo, che la letteratura borghese di tutto il mondo avea definito sogno da trapassati, e vicenda politica esaurita del tutto, dopo la caduta del Cartismo, e dacché trionfava in Francia il sinistro uomo del Colpo di stato. Bisognava, dunque, ristudiare l'economia: cioè, questa rientrava in un periodo critico. A onor del vero, i professori di Germania, più tardi, e cioè dal '70 in poi, e con crescendo dall'80 in qua, alla revisione critica dell'economia ci hanno atteso con la diligenza, con la persistenza, con la buona volontà, con la laboriosità, che i dotti di quel paese rivelan sempre in ogni ramo di studii. Sebbene quello che scrivono non possa esser quasi mai accettato senz'altro da noi, gli è nondimeno indubitato, che per opera loro fu rimosso nuovamente il terreno dell'economia, fra quelli che la coltivano da professori e da accademici, e che questa disciplina non può esser più ora mandata a mente come una ovvia pigrorum doctrina. Da ultimo, il nome di Marx è diventato tanto fashionable, da risuonare nelle aule accademiche qual tema prediletto di critica, di polemica e di rimando, e non più di semplice rimpianto e di volgare invettiva.


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Discorrendo di socialismo e di filosofia
di Antonio Labriola
pagine 183

   





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