Da che Marx stritolò in una verbale polemica l'ingenuo Weitling(8), fino alla sua terribile critica del programma di Gotha (1875), apparsa poi invero assai tardivamente (1890), la sua vita fu una continua lotta, non solamente con la borghesia e con la politica che questa rappresenta, ma ancora con le varie correnti, o rivoluzionarie o reazionarie, che a torto o per rovescio sono andate pigliando il nome di socialismo. Queste lotte si acuirono nella Internazionale, e dico di quella di gloriosa memoria, che lascia fino ad oggi traccia così grande di sé in tutta l'azione odierna del proletariato, e non della caricatura che se ne fece dappoi. Lo strascico maggiore di polemiche contro il marxismo, ridotto, nella fantasia di certi critici, ad una semplice varietà di scuola politica, è dovuto alla tradizione di quei rivoluzionarii, che, specie nei paesi latini, riconobbero in Bakunin il loro duce e maestro. Gli anarchisti di oggi, che altro ripetono se non le querimonie e gli errori di quei tempi andati?
Forse venti anni addietro, fatta eccezione di quei dotti, che rimasticano a casa le cose lette nei libri, dei due fondatori del socialismo scientifico la generalità del pubblico italiano non risapea, se non quel tanto che s'era serbato, per memoria, delle invettive di Mazzini e delle malignazioni di Bakunin.
Ed ecco come il comunismo critico, che cosi tardi è stato ammesso agli onori della discussione nella cerchia della scienza ufficiale, ha avuto contro di sé, nel campo del socialismo stesso, la più grave delle avversità: la inimicizia degli amici.
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