Di qui le lettere che furon pubblicate, e quelle altre molte, che son rimaste inedite. In quelle tre lettere, che il "Devenir Social" riprodusse recentemente da una rivista di Berlino e da un giornale di Lipsia, apparisce chiaro come fosse in lui una certa temenza, che il marxismo diventasse troppo presto una dottrina a buon mercato.
A molti dei professanti la scienza, non nella vagante Università del popolo di là da venire, ma in questa che realmente esiste nella presente società ufficiale, capita d'esser messi fra l'uscio e il muro dagli studenti e dagli studiosi, perché, uno pede stantes, rispondano ad ogni quesito, come chi avesse stampata nel cervello la ragione universale delle cose. I più vanitosi fra i professori, per non ismentire la ieratica sacramentalità della scienza, e come se questa consistesse del tutto nella materialità del conosciuto, e non principalmente nella virtuosità e correttezza formale dell'atto del sapere, rispondono difilato, riuscendo a fare assai di sovente la satira di se stessi, da imitatori del saporitissimo Mefistofele in maschera di maestro in tutte e quattro le facoltà. Pochi hanno la socratica rassegnazione di rispondere: non so, ma so di non sapere, e so che si potrà sapere, ed io stesso potrò sapere, se avrò compiuti gli atti di sforzo, ossia di lavoro, che occorre per sapere, - e se mi date degli anni indefiniti, con l'indefinita attitudine dell'applicazione metodica del lavoro, io potrò indefinitamente saper quasi tutto.
Ed ecco in che cosa consiste quel capovolgimento pratico della teorica della conoscenza, che è insito al materialismo storico.
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