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      I mezzi della convivenza sociale, che sono, da un lato le condizioni e gl'istrumenti, e dall'altro i prodotti della collaborazione variamente specificata, costituiscono, al di là di ciò che offre a noi la natura propriamente detta, la materia e gl'incentivi della nostra formazione interiore. Di qui nascono gli abiti secondarii, derivati e complessi, pei quali, di là dai termini della nostra corporea configurazione, sentiamo il nostro proprio io come la parte di un noi, il che vuol dire, in concreto, di un modo di vivere, di un costume, di una istituzione, di uno stato, di una chiesa, di una patria, di una tradizione storica, e così via. In coteste correlazioni di consociazione pratica, che corrono da individuo a individuo, han la loro radice e hanno il loro fondamento obiettivo e prosaico tutte quelle varie rappresentazioni ideologiche di spirito pubblico, di psiche sociale, di coscienza etnica, e così via, intorno alle quali, come gente che pigli per enti e sostanze i rapporti e le relazioni, speculano, da metafisici di pessima scuola, i sociologisti e psicologisti, che io chiamerei simbolisti e simboleggianti. In questi medesimi rapporti pratici nascono le comuni correnti, per le quali il pensiero individuo, e la scienza che ne deriva, son vere e proprie funzioni sociali.
      E così siamo daccapo nella filosofia della praxis, che è il midollo del materialismo storico. Questa è la filosofia immanente alle cose su cui filosofeggia. Dalla vita al pensiero, e non già dal pensiero alla vita; ecco il processo realistico.


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Discorrendo di socialismo e di filosofia
di Antonio Labriola
pagine 183