A fare altrimenti si è bestie; perché il solo lavorio secolare della storia differenzia noi dagli animali. E poi, inoltre, nessun che si metta a studiare, sia pur nel modo più concreto, empirico, particolare, minuto e circostanziato, un qualunque lato della realtà, può rifiutarsi mai di ammettere, che a un certo punto si è come assaliti dal bisogno di ripensare alle forme generali (ossia alle categorie), che son ricorrenti negli atti particolari del pensiero (unità, pluralità, totalità, condizione, fine, ragion d'essere, causa, effetto, progressione, finito, infinito e così via). Ora, per poco che in questa nuova curiosità ci soffermiamo, i problemi universali della conoscenza ci s'impongono; ossia, ci appariscono come necessariamente dati: - e in questa inevitabile suggestione ha origine e sede anche ciò che voi chiamate metafisica, e che può chiamarsi altrimenti.
Tutto sta a sapere come cotesti dati vengano poi da noi maneggiati. La nota caratteristica, parlando, s'intende, molto genericamente, del pensiero classico (dico dei greci), è una certa ingenuità nell'uso e nella trattazione di tali concetti. La nota caratteristica della filosofia moderna, e qui di nuovo molto per le generali, è il dubbio metodico, e quindi il criticismo, che accompagna, a guisa di sospettosa cautela, l'uso di tali forme, così nell'intrinseco, come nella portata estensiva. Ciò che decide di tale passaggio dalla ingenuità alla critica è la osservazione metodica (scarsa per estensione e per sussidii negli antichi), e, più che l'osservazione, l'esperimento volontariamente e tecnicamente condotto (che mancò quasi del tutto agli antichi). Sperimentando, noi diventiamo collaboratori della natura; - noi produciamo ad arte ciò che la natura da per sé produce.
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