Non sarebbe statoveramente possibile, se l'intelletto critico non si fosse formato già per l'innanzi. Qui c'è da fare i conti con tutta la storia della scienza moderna. Quando il Don Ferrante dei Promessi Sposi (siamo, s'intende bene, al secolo XVII) che fu, se Leone XIII non vorrà per invidia di mestiere aversene a male, l'ultimo scolastico veramente convinto, moriva di peste, negando la peste, attesoché quella non rientrasse nelle dieci categorie di Aristotele, lo scolasticismo avea ricevuto già i primi, e fieri, e decisivi colpi. E da allora in qua è tutta una storia di conquiste positive del pensiero, che hanno, o assorbita, o eliminata, o altrimenti ridotta e combinata quella materia del conoscere, che innanzi formava la filosofia per sé stante, e quindi soprastante alla scienza. In cotesto cammino del pensiero scientifico, noi c'incontriamo, per es., nella psicologia empirica, nella linguistica, nel Darwinismo, nella storia delle istituzioni e nel criticismo propriamente detto. Direi anche nel positivismo, se non temessi d'ingenerare equivoco. Difatti il positivismo, guardato così in genere e per sommi capi, è una delle tante forme in cui lo spirito s'è andato avvicinando al concetto di una filosofia, che non anticipi su le cose, ma sia a queste immanente. Non è quindi da maravigliare, se, per la generica similarità che riavvicina il materialismo storico a tanti altri prodotti dello spirito e del sapere contemporaneo, molti di quelli che trattano la scienza alla maniera dei letterati e dei leggitori di riviste, ingannati dalle impressioni, e seguendo gl'impulsi della erudita curiosità, han creduto di poter completare Marx, o con questa, o con quell'altra cosa.
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