Non la scrissi proprio con l'intenzione di far cosa grata al signor De Bella. C'è del cattivo umore. Forse questo umor di critica rivelante amarezza m'è venuto dal fatto, che, standomene io con la mente rivolta allo studio di questo grave problema dei rapporti del materialismo sociale col rimanente della intuizione scientifica contemporanea, m'è parso che i consigli del signor De Bella, - che del resto non stava a spiare quel che io vado scrivendo a voi, - fossero, per lo meno quanto a me, inopportuni; se non altro perché non avrei la fantasia di chiedergliene.
Roma, 5 giugno '97
Caro Turati,
Non mi è ben chiaro se il De Bella, nominandomi, parli proprio di me. Sarei anzi inclinato a credere, che egli rivolga la sua tirata a un mannequin di sua fattura, al quale abbia, commoditatis causa, appiccicato il nome mio. Comunque sia, dal momento che mescola il mio nome alle sue meditazioni, io non posso a meno di aggiungere alla vostra una nuova postilla.
Com'è risaputo, io entrai esplicitamente e pubblicamente nelle vie del socialismo solo dieci anni fa(28). Dieci anni sono un tratto di tempo non veramente lungo nella mia esistenza fisica, giacché ne conto ormai quattro oltre il mezzo secolo; ma sono un tratto a dirittura breve nella mia vita intellettuale. Prima, insomma, di diventar socialista, io avevo avuto inclinazione, agio e tempo, opportunità ed obbligo d'aggiustar le mie partite ed i miei conti col darwinismo, col positivismo, col neokantismo, e con quanto altro di scientifico si è svolto intorno a me, e ha dato a me occasione di svolgermi tra i miei contemporanei, poiché tengo cattedra di filosofia all'Università dal 1871, e per l'innanzi ero stato studioso di ciò che occorre per filosofare.
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