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      In questo processo dalla setta alla chiesa, dalla ingenua aspettazione alla complicata formula dottrinale, sta tutto il problema delle origini. Con l'allargarsi dell'associazione veniva in buon punto l'adattamento di essa alle varie forme di diritti vigenti, e col bisogno della dottrina collimava la diffusione del platonismo decadente. Certamente tutte coteste produzioni non possiamo riavvicinarcele agli occhi e all'osservazione nostra, in una intuitiva cronistoria. Non assisteremo al conversare di Filippo, di Matteo, di Pietro, di Giacomo, e loro prossimi successori, e così via, come se stessimo ad ascoltare Camillo Desmoulins, a ore 3 p. m. la domenica del 12 luglio 1789, in un caffè del Palais Royal. Non seguiremo l'originarsi e il fissarsi dei dogmi, come se si trattasse della messa insieme degli articoli della Enciclopedia. Siamo in tempi di impressioni confuse, e di non mai più viste fermentazioni. Delle grandi epidemie morali invadono gli spiriti. I rapporti più elementari della vita entrano in un periodo di acuta crisi. Al di sotto di quella civiltà della cerchia mediterranea che unificava il potere politico-amministrativo dell'impero e ciò che v'era di più utile e raffinato nell'Ellenismo, vegetavano mille forme di barbarie locali e di decadenze putride e verminose. Pensare che il cristianesimo si formò, di fatto e di nome, come cosa per sé stante, proprio nella molle Antiochia, sentina di tutti i vizii; e pensare che Paolo dirigeva ai Galati, ossia a Giudei dispersi in un paese di veri e proprii barbari, le sue sottili meditazioni, che ce lo rivelano non molto difforme da quegli Ebrei, che più tardi misero assieme il Talmud!


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Discorrendo di socialismo e di filosofia
di Antonio Labriola
pagine 183

   





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