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      Il problema più grave e più scabroso in tutta la storia del cristianesimo è appunto questo: d'intendere, cioè, come dalla setta degli assolutamente eguali sia nata, nel termine di men che due secoli, una associazione di differenziati per gerarchia, in guisa, che da una parte sta il popolo dei credenti e dall'altra stanno gl'investiti di potestà sacra. Questa differenziazione gerarchica si completa col dogma, il che vuoi dire con un dettame, che sopprime la immediatezza del credere nei singoli fedeli qual fatto di personale vocazione. La gerarchia vuol dire sacerdozio, amministrazione di cose, e governo delle persone. Di qui nasce la possibilità di una politica; e su la ricerca di questa politica s'aggira la storia della chiesa del III secolo. L'incontro della chiesa e dell'impero nel IV secolo non è se non il resultato del compenetrarsi di due politiche, per cui poi la religione e il maneggio degli affari da ultimo si confondono. In questo passaggio dalla libera associazione all'organamento semistatale, il quale fa che la chiesa abbia sempre da allora in poi esercitata una azione politica, o d'accordo con lo stato, o contro lo stato, o diventando essa stessa lo stato, si avvera il caso comune ad ogni associazione, la quale, dal momento che ha cose da amministrare ed ufficii da adempiere, diventa di necessità un governo. La chiesa ha riprodotto dentro di se stessa i contrasti proprii ad ogni stato, cioè le opposizioni di ricchi e di poveri, di protettori e di protetti, di patroni e di clienti, di proprietarii e di sfruttati, di principi e di soggetti, di sovrano e di sudditi.


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Discorrendo di socialismo e di filosofia
di Antonio Labriola
pagine 183