Discorrendo del come Marx "poté giungere a scovrire e definire l'origine sociale del profitto, ossia del sopravvalore", esce in questa sentenza (p 12): "Sopravvalore, in pura economia, è una parola priva di senso, come è mostrato dalla denominazione stessa, giacché un sopravvalore è un extravalore, ed esce fuori dal campo della pura economia. Ma ha bene un senso e non è un assurdo, come concetto di differenza, nel paragone che
si fa tra una società economica con un'altra, un fatto con un altro, o due ipotesi tra di loro". E poi aggiunge in nota: "Faccio ammenda di un errore nel quale incorsi in una mia precedente memoria, nella quale, pur dicendo rettamente che il sopravvalore non è un concetto puramente economico, lo definivo inesattamente un concetto morale; e dovevo dire, come dico ora, un concetto di differenza di sociologia economica e di economia applicata, e non di economia pura. La morale qui non ha parte, come non ha nessuna parte in tutta l'indagine del Marx". Auguro al Croce, che giungendo alla sua terza memoria in argomento confessi poi, che del primo errore egli poté fare ammenda, perché quello almeno era la generalizzazione di una opinione ovvia nel socialismo volgare, che il sopravvalore sia cioè il compendio delle proteste degli sfruttati; ma che del secondo errore non può scusarsi, perché lui stesso non è più in grado di decifrare plausibilmente il pensiero suo. Né solo per la continua equivocazione di profitto, interesse e sopravvalore; ma perché in più luoghi assume il concetto di una società lavoratrice come di una forma a sé (ma, dico io, in contrapposto a quale altra, forse a quella dei santi in paradiso?
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