Ogni moto proletario moderno sarebbe meteorico e non organico, sarebbe un turbamento e non un processo; e noi, la mercè di cotali critici, saremmo, malgrado nostro, tuttora utopisti.
La previsione storica, che sta in fondo alla dottrina del Manifesto, e che il comunismo critico ha poi in seguito ampliata e specificata con la più larga e più minuta analisi del mondo presente, ebbe di certo, per le circostanze del tempo in cui apparve la prima volta, calore di battaglia, e colore vivissimo di espressione. Ma non implicava, come non implica tuttora, né una data cronologica, né la dipintura anticipata di una configurazione sociale, come fu ed è proprio delle antiche e nuove profezie e apocalissi.
L'eroico Fra Dolcino non era sorto di nuovo a levar per le terre il grido di battaglia, per la profezia di Gioacchino di Fiore. Né si celebrava nuovamente a Münster la risurrezione del regno di Gerusalemme. Non più Taborriti o Millenarii, Non più Fourier, che aspettasse chez soi, a ora fissa, per degli anni, il candidato della umanità. Non era più il caso che l'iniziatore di una nuova vita cominciasse da sé a mettere in essere, con mezzi escogitati, e in modo unilaterale ed artificiale, il primo nocciolo di una consociazione, che rifacesse, come albero da germoglio, la pianta uomo: - come accadde da Bellers, attraverso Owen e Cabet, fino alla impresa dei fourieristi nei Texas, che fu la catastrofe, anzi la tomba, dell'utopismo, illustrata da un singolare epitaffio, la calda eloquenza di Considérant che ammutolì. Qui non è più la setta, che in atto di religiosa astensione si ritragga pudica e timida dal mondo, per celebrare in chiusa cerchia la perfetta idea della comunanza; come dai Fraticelli giù giù alle colonie socialistiche di America.
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