Con tale formazione di società cessa perciò la preistoria del genere umano.
Quando Marx così scriveva, da parecchi anni già era egli uscito dall'arena politica, e non vi rientrò se non più tardi, ai tempi della Internazionale. La reazione avea battuto in Italia, in Austria, in Ungheria, in Germania la rivoluzione, o patriottica, o liberale, o democratica. La borghesia, dal canto suo, avea battuto in pari tempo i proletarii in Francia e in Inghilterra. Le condizioni indispensabili allo sviluppo del movimento democratico e proletario vennero d'un tratto a mancare. La schiera, non certo molto numerosa, dei comunisti del Manifesto, che s'era mescolata alla rivoluzione, e poi dopo partecipò a tutti gli atti di resistenza e di insurrezione popolare contro la reazione, vide da ultimo troncata la sua attività col memorabile processo di Colonia. I sopravvissuti del movimento tentarono di ricominciare a Londra; ma a breve andare Marx ed Engels ed altri volsero le spalle ai rivoluzionari di professione, e si ritrassero dall'azione prossima. La crisi era passata. Una lunga pausa sopraggiungeva. Ne era indizio la lenta sparizione del movimento cartista, ossia del movimento proletario del paese che è la colonna vertebrale del sistema capitalistico. La storia avea per il momento dato torto alla illusione dei rivoluzionarii.
Prima di dedicarsi quasi esclusivamente alla prolungata incubazione degli elementi già da lui trovati della critica dell'economia politica, Marx illustrò in varii scritti la storia del periodo rivoluzionario del 1848-50, e specie le lotte di classe in Francia, documentando così, che, se la rivoluzione, nelle forme che essa avea per il momento assunte, era fallita, non rimaneva per ciò solo smentita la teoria rivoluzionaria della storia1. La traccia appena indicata nel Manifesto veniva già a metter capo nella esposizione piena.
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