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      Ma in questi fatti particolari c'è una significazione più lata, e di maggior peso per noi. Il comunismo critico non fabbrica le rivoluzioni, non prepara le insurrezioni, non arma le sommosse. È, sì, tutt'una cosa col movimento proletario; ma vede e sorregge questo movimento nella piena intelligenza della connessione che esso ha, o può e deve avere, con l'insieme di tutti i rapporti della vita sociale. Non è, in somma, un seminario in cui si formi lo stato maggiore dei capitani della rivoluzione proletaria; ma è solo la coscienza di tale rivoluzione, e soprattutto, in certe contingenze, la coscienza delle sue difficoltà.
     
     
      Il movimento proletario è venuto crescendo in modo colossale in questi ultimi trent'anni. Attraverso a molte difficoltà, e con molte vicende di passi indietro e di passi in avanti, esso ha via via assunto forme politiche, con metodi a grado a grado escogitati e lentamente provati. I comunisti non hanno evocato tutto ciò con l'azione magica della dottrina, sparsa e comunicata con la virtù persuasiva della parola e dello scritto. Fin dal principio seppero di essere l'estrema ala sinistra di ogni movimento proletario; ma, a misura che questo si sviluppava e si specificava, era necessità e dovere ad un tempo per loro, di secondare, nei programmi e nell'azione pratica dei partiti, le varie contingenze dello sviluppo economico, e della conseguente situazione politica.
      In questi cinquant'anni dalla pubblicazione del Manifesto in qua, le specificazioni e le complicazioni del movimento proletario son divenute tali e tante, che non è oramai mente che tutte le abbracci, e penetri, e intenda, e spieghi nelle loro vere cause e relazioni.


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In memoria del Manifesto dei comunisti
di Antonio Labriola
1895 pagine 79

   





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