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      E nacque, per rispondere dapprima a speciali questioni: - è legittimo l'interesse?; conviene agli stati e alle nazioni di accumular danaro?; e così di seguito. Crebbe poi, estendendosi a più complessi aspetti del problema della ricchezza, e si sviluppò nella transizione dal mercantilismo alla manifattura, e da ultimo più rapidamente e più risolutamente nella transizione da questa alla creazione della grande industria. Fu l'anima intellettuale della borghesia che conquistava la società. Era già, come disciplina, quasi condotta a termine nei suoi principali lineamenti alla vigilia della Grande Rivoluzione; e fu segnacolo alla ribellione contro le vecchie forme del feudo, della corporazione, del privilegio, delle limitazioni al lavoro e così via: cioè fu segnacolo di libertà. Perché, di fatti, il diritto di natura, che si venne sviluppando dai precursori di Grozio fino a Rousseau, a Kant e alla costituzione del '93, non fu se non il duplicato e il complemento ideologico della Economia; tanto è che, spesso, e cosa e complemento si confondono in uno nella mente e nei postulati degli scrittori, come è il caso tipico dei fisiocratici. Come dottrina sceverò, distinse, analizzò gli elementi e le forme del processo della produzione, circolazione e distribuzione, riducendo il tutto in categorie: danaro, danaro-capitale, interesse, profitto, rendita della terra, salario, e così di seguito. Corse sicura, con costante incremento di analisi, e più spiccatamente da Petty a Ricardo. Padrona essa sola del campo, incontrò rare obiezioni1. Lavorò su due presupposti, che poco o punto si dette pensiero di difendere, tanto parevano evidenti: e, cioè, che l'ordine sociale che illustrava fosse l'ordine naturale; e che la proprietà privata dei mezzi di produzione fosse una cosa sola con la libertà umana: il che faceva del salariato, e della inferiorità dei salariati, condizioni d'essere indispensabili.


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In memoria del Manifesto dei comunisti
di Antonio Labriola
1895 pagine 79

   





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