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      E ci dice ancora che «la matrina donò al suo figlioccio un paio di orecchini di brillanti» - simbolo, dico io, della femminilità di cui il divino fanciullo avrebbe un giorno vestito sè e l'opera sua.
     
     *

      Nelle vene di Gabriele scorre il sangue putativo dei Rapagnetta.
      Francesco Rapagnetta di Pescara, padre del «divo» era stato legittimato (ed è superflo dire il perchè) da un signor Antonio d'Annunzio anche di Pescara, del quale prese il suo vero e proprio cognome. Questo Francesco fu, col tempo, padre di cinque figli, primo dei quali Gabriele.
      Narra la cronaca che, quando il sor Francesco fu padre la prima volta - (non presagiva egli che era nato il sole glorioso della sua casa, dell'Italia e del mondo?) - spalancò al popolo di Pescara tutte le porte di casa sua, fece spillare molte botti di vino e distribuì a chi ne volle tutte le provviste domestiche!
      Ma che! - dicono i maligni - il sor Francesco, ex-Rapagnetta-legittimato-D'Annunzio, era un vanesio senza cervello, e voleva tener sempre imbandita la tavola per gli ospiti di qualsiasi condizione sociale, sicchè molti ci speculavano vivendo alle sue spalle. - Ma da questo alle sei botti di vino e a tutte le provviste d'un anno da lui sperperate in un sol giorno alla maggior gloria di Gabriele - dicono i costui adoratori - ci corre; gli è che tutto doveva essere, in quel fausto giorno, eccezione e preconizzazione: il sole anticipante di mezz'ora la sua apparizione; la giornata meravigliosamente bella; il venerdì sacro a Venere e agli amori; il numero 18, che è il simbolo dei loquaci; il mese di marzo che è il primo mese dell'anno astronomico, quasi a significare che Gabriele sarebbe stato il primo nell'ordine cronologico dei nostri superuomini; - era necessario, quindi, che tutti i pescaresi, uomini e donne, poveri e benestanti, rendessero i dovuti onori al superbambino, che, con meraviglia di tutti, specie del De Titta, apriva gli occhi, faceva sentire la sua voce e faceva la cacca olezzante d'«acqua-nunzia».


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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