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      Le pagine che cotesto buttero platonico dedica al suo viaggio in Sardegna nel quale condusse seco Gabrieluccio, è un documento che prova tante cose: prova che lo Scarfoglio era allora (e, forse, lo è ancora) un parolaio, un verboso di prima forza; prova che financo Felice Uda, già quasi vecchio, - «si pose a guardare - (dopo però aver bevuto molto oliena) - quel ragazzo teneramente»; prova che «il piccolino - (così lo Scarfoglio chiama per vezzo il giovanetto-fanciulla) - sapeva dare ai suoi occhi ed alla sua persona espressioni ed atteggiamenti muliebri»; prova che il buttero era capace di sentire la «santa selvaggia natura» a fianco di lei-lui; prova che le grotte d'Alghiero, dove egli più d'una volta andò insieme con lui-lei, «contengono un nido per l'amore.»
     
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      Ma ohimè! all'amore non si addice la costanza.
      Che orribile scoperta, mio Dio, il giorno in cui allo Scarfoglio - un mese dopo - «il piccolino parve stranamente mutato»!
      «La fanciulla incosciamente timida - (egli scrive proprio così!) - e selvatica.... - non dimenticate che quest'ultima qualità a lui buttero riusciva caro oltremodo ritrovare nell'adorato «piccolino») - si era tramutata in una civetta, che sulla timidezza e sulla selvaticheria calcolava»!!!
      Che schianto pel suo cuore d'amator sincero nello scrivere queste parole: «L'ingenuo, modesto, gentile giovanetto-fanciulla ritornò a Roma furbo, vanesio, sdolcinato. Fu una vera e propria prostituzione da lui-lei fatta di sè alla folla»!


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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