Ma questo, in lui, ad onor del vero, non è soltanto calcolo, ma ancora, e più, è istinto, poichè la sua speciale natura di femina deviata alquanto in maschio, o di maschio deviato molto in femina, gli impone di preferire all'essere il parere; onde accade che per lui tutte le arti e tutte le industrie del parere hanno una immensa importanza: e perciò apprezza ed onora l'arte delle sarte e dei sarti, delle sarte e dei sarti creatori ed artisti, ai quali ed alle quali suggerisce linee e forme in armonia a un cotal suo ideale figurino di eleganza, che, per ciò che riguarda la sua personcina, egli va traducendo in pratica con grande sorpresa ed altissimo scandalo dei butteri coi quali ha plebeamente vissuto e ai quali ha voltate definitivamente le spalle. Per tutto quanto riguarda le «elegantissime» egli vi sa dire da quale atelier di modista parisienne è venuto fuori quel cappello; da quale magazzino, quella stoffa; da quale calzolaio, quel paio di scarpette; da qual profumiere, quel profumo, e ne sa anche i prezzi e le marche di fabbrica. Che rivelazione! E che fortuna per «le duchesse romane» l'essersi imbattute in un «cronista mondano» più femina di loro!
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Sì, tutto il grande D'Annunzio è nel D'Annunzietto autore delle cronache mondane apparse sulla Tribuna dal 1° dicembre 1884 a tutto l'agosto del 1888; sì, c'è tutto dentro il «gran D'Annunzio» di poi: l'erotico-naturalista, come lo chiama - e pour cause -lo Scarfoglio; il poeta-panista, come lo chiama Peppantonio Borgese; il poeta-sensitivo, come lo chiama il critico confitto sulla croce della sua vanità denarosa; il poeta-visivo, verbalista e magniloquente declamatore, come lo chiama il Gargiulo; e, sopratutto, il poeta-superuomo, come il D'Annunzio stesso vuole che lo si chiami.
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