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      Due piccioni ad una fava! - Qual uomo dico uomo nel senso maschio della parola - imbattendosi in una signora, sarà capace di dirci, anche pochi minuti dopo, come e di che era essa vestita? Ma allo sguardo d'una femmina nulla sfugge: a lei basta una sola occhiata per dirci - come sa dirci il D'Annunzio - perfino quanti spilli porta addosso quella signora là, che passa sotto ai suoi balconi!
      Sentitelo ancora:
      Parla della Contessa - (colla C grande) - di Santafiora. - «... Quella strana figura di gentildonna s'incontra talvolta improvvisamente nella mattina, allo svolto di qualche via urbana, sul marciapiede. È una di quelle visioni che turbano un poco. A traverso il velo molto rado quella faccia pallida, irregolarmente bella, colla bocca rossa e certe volte quasi dolorosa, con li occhi di Venere Ciprigna, dà allo improvviso un'impressione, direi così, di fatalità, suscita all'improvviso, dirò così, un sogno d'amore misterioso, procelloso.»
      Prima di scrivere cose sì belle intorno alla Contessa di Santafiora, parmi che il divo in erba siasi anzitutto assicurato della dabbenaggine del conte, che - senza la dabbenaggine - gli avrebbe, come no?, rotte le ossa.
      E ancora:
      - ..... Ella - (la detta Contessa) - porta un cappello nero, composto di merletti e di jais, altissimo, alleggerito da un bouquet di piume. Ha il passo svelto, tiene i gomiti aderenti alla vita, le mani nel manicotto, il manicotto stretto alla veste...»
      Un'altra Contessa. È la Taverna. - «... Porta la lontra. Chi non sa il divino pallore di lei e i capelli neri pieni di riflessi blu ondulati, i lunghi occhi orlati da lunghissime ciglia?


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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