Pagina (31/253)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      »
      Ma delle semplici borghesi, anche se bellissime, Gabrieluccio si disbriga con disprezzo:
      «Erano imbecilli che correvano su le rotelle, in mezzo a decorazioni molto acquatiche.»
      Egli è un plebeo che vuole ad ogni costo arrivare; onde si pone a fare il Dandy. Un vestito aristocratico è un passe-partout. Imitatore insuperabile - (non è egli istrione nel più preciso senso della parola?) - ruba il gergo e i gesti all'élite e la vince nella cura meticolosa degli indumenti, dal cappello alle scarpe. Si vuole che più d'un sarto gli fornisse gratuitamente abiti elegantissimi perchè li portasse in giro sulla sua piccola, sì, ma graziosa persona, come una réclame ambulante. L'aristocrazia romana fu lo specchio nel quale egli studiò ed apprese tutte le falsità che adescano gli occhi, o che dànno negli occhi. Per lui l'essere fu - ed è sempre - il parere. Per lui la parure fu - ed è sempre - tutto. Illudere: ecco l'unico programma della sua vita. E in ciò - non c'è che dire - egli fu ed è sempre insuperabile maestro. Egli nacque col bernoccolo che è proprio del genio turlupinatore. Tutto gli serve bene allo scopo: ciò che per gli altri è senza valore, acquista nelle sue mani un immenso valore tornacontista. Il migliajo di futili e di sciocchi argomenti da lui trattati da cronista mondano provano una grande verità, ed è che un ciarlatano di genio è una specie di Domineddio, che può far qualche cosa di un niente. È, in fondo, l'arte della grande tailleuse, la quale di un manichino dalla faccia di cera fa una gran donna che attira e costringe le eleganti promineuses ad arrestarsi dinanzi a una devanture con occhi intenti e pieni di desiderio; ciascuna di esse, infatti, pensa: Oh! fossi io così ben vestita!


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





Gabrieluccio Dandy Domineddio