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Ben è vero che da quando le sperticate lodi degli evirati della stampa lo fecero celebre e divo, egli si è provato in versi e prose attorno ad argomenti, diciamo così, puliti, ma è anche vero che giammai - come in cotesti esercizî estranei del tutto alla sua natura di satiro immaginifico - egli si è addimostrato infelice, impacciato, simile a un pesce fuor dell'acqua, e giammai la rettorica a freddo e la faticosa ricerca di parole morte od oscure si sono così scioccamente sforzate di nascondere la miseria intellettuale di lui. E negli stessi libri impregnati della sua sensualità venerea, le pagine nelle quali egli non descrive scene da bordello sono così puerilmente e scioccamente prolisse e snervate e cascanti che mai le uguali. - Sì, egli è caldo, egli è vivo, egli è colorito, egli è pittore efficace nelle descrizioni in cui un ammalato di satiriasi e una ammalata di ninfomania lottano insieme a chi meglio riesca a sfogare la sua libidine; ma gli è che solo allora egli è sincero, giacchè in quell'uomo e in quella donna egli descrive - col desiderio che lo martella - le ninfe che colla fantasia egli possiede, e i satiri dai quali colla fantasia si fa possedere.
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Ricordate Paolo Tarsis ed Isabella Inghirami di «Forse che sì, forse che no»? - Paolo Tarsis, che è - voi lo sapete - un lussurioso e nel quale il D'Annunzio intende presentarci un maschio autentico, ha tutte le caratteristiche dell'impotente affètto da satiriasi fantastica.
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