- Guardatelo: egli č in automobile con la Isabella, e, pur struggendosi dal desiderio di possederla, si astiene financo dal toccarla. - Perchč? Il desiderio in lui arriva al parossismo, ma se egli non lo appaga non č gią perchč ci siano ostacoli indipendenti dalla sua volontą, per esempio, la castitą della donna, che, viceversa, č oltremodo impudica, ma perchč Tarsis - (nel quale il D'Annunzio ha ritratto sč stesso) - conosce la sua.... incapacitą.
«In una carne che egli desiderava s'era convertito per lui tutto il desiderio del mondo, e la immensitą della vita e del sogno s'era ristretta in un grembo caldo.»
Proprio, come accade al D'Annunzio. - Quello che accadeva al Tarsis, infatti, accade a tutti gli impotenti che, senza testimoni, si trovino in compagnia d'una donna pronta a darsi, i quali - pur avvampando dal desiderio - sanno che lo strumento necessario a soddisfarlo non dą in loro alcun segno di vita.
E Isabella? Ecco, essa non č una realtą, ma una immagine; essa č la donna che il D'Annunzio vede col suo desiderio d'impotente e, col suo desiderio d'impotente, denuda, e per prima cosa ne vede «le cosce lisce come quelle dei chiari crocefissi d'argento, levigate da mille e mille labbra...» - e poi ne vede «le mammelle piccole sul petto largo come il petto delle muse.»
(Dentro parentesi si vuol sapere dove e quando il D'Annunzio ha visto le muse per sapere che hanno il petto largo?)
Ed č il suo desiderio d'impotente che gli fa scrivere:
«Essa si nudņ il petto e prese fra le dita delicatamente una delle piccole mammelle rimaste verginali.
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