.., ed egli sentì sulla faccia l'odore caloroso delle ascelle; sentì nelle sue labbra il piccolo frutto duro del seno....»
E potete giurarci: chi sente nelle labbra il piccolo frutto duro del seno d'Isabella è il D'Annunzio, che non può altrimenti procurarsi cosiffatte voluttà che colla fantasia. Sì, è lui che - colla fantasia - «aspira l'odore caloroso delle ascelle femminili», ed è anche lui che - sempre colla fantasia - si unisce carnalmente all'Isabella.
Infatti, egli ci fa sapere che Tarsis e Isabella vivono da amanti, vivono, cioè, possedendosi vicendevolmente; ma questo gli era facile dirlo nel romanzo; e non si avvede della contraddizione che è fra la funzione fisiologica di possessore, da un lato, e le qualità caratteristiche d'impotente che, dall'altro e ad un tempo, egli conferisce al Tarsis. Il quale - infatti - è un libidinoso, vuol dire uno che è ben capace di possedere l'Isabella cogli occhi, colle mani, colla lingua, ma, per ciò stesso, incapacissimo di possederla con l'atto fisiologico, che è quello che ci salva dalla libidine, la quale è una vera e propria malattia dei vecchi anzichè dei giovani, eccetto i giovani come Tarsis, e, specie, come il D'Annunzio, che l'atto del coito compiono sempre e solo colla bocca.
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Nel suo primo romanzo «Il Piacere» la prima manifestazione d'amore ha tutte le caratteristiche dell'impotenza libidinosa. Andrea Sperelli vede Elena, e, vederla e possederla in immaginazione è un punto solo.
«Immagina di chinarsi e di posare la bocca sulla nuda spalla di lei.
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