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      È questa la ragion per cui il concetto del superuomo, quale il Nietzsche voleva vedere anzitutto attuato in lui stesso, per quanto agli occhi nostri sia - come è di fatti - un concetto assurdo a causa della sua assoluta impossibilità di attuazione, si impone al nostro rispetto. Gli sciocchi grideranno: dàgli al pazzo!; ma noi - già ammiratori dell'hidalgo dalla triste figura, che smagrisce, allampana, si espone al dileggio e alle risate del volgo, che egli vuole redimere, e per amore del quale si farebbe, occorrendo, configgere sulla croce come Cristo - noi - dico - chiniamo riverenti la fronte dinanzi al Nietzsche che all'altissima irraggiungibile sua idealità bruciò tutto il fosforo del suo cervello, e non ne ebbe in premio che lo smarrimento totale della ragione. Il superuomo nietzchiano è un personaggio eminentemente tragico; esso rappresenta la più gigantesca lotta che siasi sin qui combattuta contro il Fato, che vuole gli uomini pecora obedientia ventri. Sì, egli potè sentirsi e proclamarsi superuomo, e certo lo fu per la sua super-aspirazione, e anche - perchè no? - per avere vissuta una vita solitaria, aborrente dagli interessi e dalle passioni che martellano gli uomini; lo fu perchè in lui - sebbene foggiato fisicamente come tutti i figli di Adamo - visse un nuovo tipo d'uomo interiore, d'uomo spirituale, d'uomo etico ed estetico, capace di schiudere all'anima sua le mirifiche fonti dell' assoluta Bellezza, la quale è in sè anche Bontà e Verità, salvo che non è la bontà e la verità del gran volgo, ossia di tutti coloro - e sono la quasi totalità - i quali non possono in nessun modo raggiungere nè tampoco intendere e sentire la Bellezza.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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