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      Trovandosi nelle identiche condizioni in cui egli colloca, compiacendosene, il suo «eroe», non avrebbe egli agito come il suo «eroe»? E allora? Non era, e non è anche ora, per tutte queste ragioni, arrestabile il D'Annunzio? Ecco perchè io batto le mani a quel gruppo di bravi giovani, che - ancora sotto l'orribile impressione dei delitti dal Divo - camuffato in Corrado Brando - a sangue freddo commessi in nome dei suoi assurdi diritti di «superuomo» - imbattutisi negli agenti della legge, si posero a gridare: Carabinieri, arrestate il D'Annunzio! - I compari del Divo chiamarono quel grido «beffardo e paradossale».
      No, cari moretti dannunziani, nè beffardo nè paradossale, ma serio e spontaneo, logico e giusto. - Il delitto del D'Annunzio, è vero, non è punito dal nostro codice, e ciò è un guaio grosso, perchè la mancanza di una sanzione penale permette che altri delitti siffatti si commettano all'ombra dell'impunità. Egli ammazza la logica, il buonsenso e le più elementari regole dell'arte, con la aggravante di una lingua arcaica e di uno stile artifizioso, per esaltare e glorificare le più rivoltanti azioni in nome di assurdi diritti, che vediamo compiersi sotto i nostri occhi e che producono l'altro consequenziale e più grave delitto, che è lo sviamento, lo snervamento, l'inquinamento di centinaja e migliaja di giovani inesperti, nei quali il Divo inocula la tabe distruttrice di ogni energia etico-intellettuale; e questi delitti non solo noi vediamo restare impuniti, ma - il che è peggio - ci tocca di vedere battezzato per beffardo e paradossale il grido che dal petto di un gruppo di giovani non contagiati dalla tabe dannunziana proruppe spontaneo contro il turlupinatore degli incoscienti, contro lo stupratore delle vergine anime.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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