Gloria a loro! Oh! splendore della vita ellenica al tempo di Elena, di Ulisse e di Penelope, quando i porti d'Itaca e di Patre erano pieni di acque di rose, limpide, trasparenti e, sopratutto, profumate dalle odoranti materie fecali che gli abitanti - sprovvisti di cessi e di acquedotti - vi scaricavano a vista di tutti! - Ma quei marinai, ma quei battellieri, ma quelle male femine, invece, la cui carne era stata battezzata, e che sotto gli occhi inorriditi del Divo «tracannavano vino e mercavano copule e lue» negli angiporti graveolenti, nelle oleose acque di Patre, come erano orrendi a vedersi! Oh! che ci erano, forse, marinai, battellieri e male femine al tempo di Ulisse? Oh! che al tempo di Penelope si mercavano, forse, copule e lue negli angiporti? Oh! che in quel tempo «eroico»... - (digeriscono, forse, gli eroi?) - le acque di Patre erano graveolenti? - Ah! quei «macri preti maledetti» conducenti i cadaveri al cimitero! Puņ immaginarsi pił orribile cosa? - Sģ, certo, essi, quei preti macri - (fossero, almeno, grassi!) - hanno la colpa di tutto.
E nauseato alla vista di quei salmodianti attorno ad un morto, il Divo abbandona Patre e veleggia verso la «cittą santa» di Olimpia.
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Quivi giunto, oh meravigliosa vista! L'ampia valle, ecco, si popola di un'infinita moltitudine di uomini - (e, suppongo, anche di donne) - di cavalli e di carri. Erano Jonī, Dori, Eolī ed Achei; in altre parole «era tutto il sangue di Atene e di Sparta» che lą raccoglievasi a disputarsi.
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