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      .. - (oh la grande, la magnanima, la gloriosa impresa!) - a disputarsi, a pugni e a cazzotti, un serto di olivo selvaggio:
      Era su la via santala forza dell'Ellade, mossa
      da un ramo di ulivo selvaggio.
      Il Divo, che è sbarcato e si è mescolato a quella folla di «eroi» - (vedi fortunatissimo caso!) - s'imbatte in Pindaro, al quale egli rivolge la sua parola come ad un collega, dicendogli: «Fammi sentire il tuo sguardo e fendimi il petto con un tuo grido!» Ma Pindaro si allontana in gran fretta sospettando di avere a fare con un pazzo; sicchè il Divo, col petto non fenduto, disilluso di Pindaro scortese e rude... - (oh che non erano rudi e scortesi tutti gli Elleni «forza dell'Ellade mossa - sulla via santa - da un ramo di olivo selvaggio»?) - si pone in cammino per la campagna, dirigendo i passi «là dove il Cladeo breve si mescola all'Alfeo tortuoso».
      Quivi, viste «le mozze colonne» (allora non mozze) del tempio di Era, intona una prece a Giove, così:
      .... O Zeus, tu, anchetu mandami un segno
      su le vie de la Terra.
      Per togliere tutti i miei beni,
      per cogliere tutti i miei pomi,
      improbe fatiche sopporto,
      mostri multiformi combattoche mi precludono i varchi,
      ma più terribili quelli,
      ahi, ch'entro me repenteinsorgono dalle profonde
      oscurità dove torpeil fango delle geniture.
      Capite? Parla di mostri che gli precludono i varchi, cioè i canali, mostri che egli sente sorgere, duri e diritti, dalle profonde oscurità del..., dove - ormai lo sapete - egli conserva «il fango delle torpide geniture», cioè, il fango delle stitiche generazioni dei suoi capolavori olenti di.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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