Sì, il Divo canta - (ma l'asino, invece, asserisce che quello dell'Immaginifico non è canto, ma raglio). - Sì, il Divo canta, o raglia, tutte quelle cose morte, peggio, non mai esistite, e, peggio ancora, canta, o raglia, per uso e consumo dei moderni, per me e per voi che mangiamo i vermicelli al pomidoro, viviamo nei bars, nei caffè, nei cinematografi, andiamo in automobile, fumiamo le sigarette e ridiamo del D'Annunzio!
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E dimenticavo dirvi che egli s'imbatte in Ermes - il Dio ruffiano - a cui rivolge una preghiera e, indi, gli rivela le attività varie degli uomini moderni, certo per farlo allocchire. Fra le altre cose gli parla nel seguente modo del telegrafo elettrico:
«La parola serpeggia silentepei baratri equorei, sotto
i nettunî pascoli; emergelungi perfetta nei segni;
narra gli eventi, congiunge le stirpi,
infervora i forti alla gara.
Oh, la gran cosa! - pensa Mercurio. - E che cosa è ciò che fa il vostro telegrafo elettrico a petto a quello che so far io? - E ad alta voce gli risponde dannunzianamente così:
Di congiungimenti maestroson, di concordie divine
compositor sagace,
perito d'innesti immortali,
per moltiplicar la mia forza,
aedo, e la mia conoscenza.
Vedete? Mercurio, che lo ha subito riconosciuto, chiama D'Annunzio aedo, e - a dimostrargli che egli è della stessa famiglia dei Rapagnetta-D'Annunzio, che egli è, anzi, il D'Annunzio fra gli Dei - gli enumera quello che egli sa fare, e che è appunto quello che fa il D'Annunzio «per moltiplicare la sua forza e la sua conoscenza.
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