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      E perchè sarebbe essa un desiderio pudico? Non forse pel desiderio «pudico» che in lei si sveglia soffregandosi all'alto, forte e robusto albero a cui si sospende e pel quale si fa arco acceso d'amore? Ma quello che non ammette un commento che valga è il perchè chiama egli la sua vela «un candido spirto, tutto ala, tra il duplice azzurro del cielo e del mare.» La chiamasse uccello, che so io, aquila o cigno, be'.... potrebbe passare; ma candido spirto?! - Ma sì, il commento c'è..... Eureka! Candido spirto vuol dire candido angelo. Gli angeli non sono spiriti? E non sono bianchi, cioè, di nessun colore? E non sono anche androgini, cioè forniti, ognuno, d'ambo i sessi? E non è l'Androgine l'ideale stato di vita del Divo? Ecco, ecco perchè il Divo non ha mai visto, fra le apparse a lui d'intorno, una cosa della sua vela più bella.
     
     *

      Dunque egli canta la sua bella vela, la «cui forte scotta...» (la fune principale attaccata alla vela che regola il cammino del naviglio; il che ci obbliga ad ammettere che la nave del Divo è una di quelle antichissime le quali si facevano piegare a destra o a sinistra col tirare o col mollare della scotta, così come faceva Ulisse)... - Egli, dunque, canta la bella vela, «la cui forte scotta pare che, pulsata da un plettro, debba rendere un suono di lira»! - E canta «i silenzî meridiani sulle acque del mar greco.» E quel silenzio ha un perchè: i Deloani si sono addormentati al canto del Divo. - E canta «i pasti sulla tolda, all'ombra della grande randa» (la tarchia delle filuche!


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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