.... Licenzierò l'orchestra!».... E stava per piangere. Il Divo, misericordioso stavolta contro il suo solito, «non fa niente» - gli dice, e, a dissimulare il suo dispetto, si pone olimpicamente a chiacchierare con qualcuno della bellezza della Villa Borghese; poi, infilato il suo braccio sinistro nel destro di Marco Praga (uno dei famosi pianeti che gli girano attorno e ne sono illuminati) andò via dicendo:
«Io non isto mai a sentire i miei lavori pel timore che me li guastino.»
E andò via; ma andò via trascinandosi una mezza serqua di autentici cortigiani, che lo seguivano alla dovuta distanza. Sul palcoscenico rimasero gli indispensabili: il signor Enrico Costanzi, proprietario del Teatro, il costui amico, Paride Tomasini, il Morichini, il Santucci, gli attori e i servi di scena.
Di lì a poco fu tirato il sipario, e fra il più religioso silenzio la rappresentazione di Più che l'amore ebbe principio.
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Già da una lunga mezz'ora il Galvani - (Virginio Vesta, ingegnere idraulico) - e lo Zacconi - (Corrado Brando, protagonista) - si trovavano in iscena esposti da prima al più glaciale silenzio, poi alle risate del pubblico. La signora Ines Cristina - (Maria Vesta) - che, rannicchiata fra le quinte, vedeva e udiva tutto, era in preda allo spavento, tremava come una foglia, pallida, esterrefatta; se non che, anche in preda allo sgomento, ella si ricordava di essere artista e rappresentava a se stessa e a quelli che le stavano da presso il personaggio prima-donna sicura del fatto suo, e intanto faceva e disfaceva un mazzo di viole e diceva ad un impiegato del teatro che essa era uscita dal suo camerino perchè il rumore delle carrozze le dava delle scosse nervose, e perchè le dava molto fastidio la voce d'un venditore che gridava:
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