Pagina (96/253)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Ermete Zacconi s'indugiava... Il suo impresario di Napoli gli stava alle costole perchè si decidesse a restare in quella città anche dopo il 12 novembre. E lo Zacconi a ripetergli: Non posso! Non posso! - Gli è che egli dubitava se sarebbe potuto restar vivo sotto le rovine del mostruoso edifizio, del quale già una metà gli era cascata addosso, e l'altra metà lo avrebbe seppellito. - Ma è anche vero che in quel momento egli l'aveva contro sè stesso. Non aveva egli accettato di recitare Più che l'Amore? Non era, dunque, evidente che gran parte della responsabilità dell'immenso fiasco cascava su di lui? Oh! era egli, forse, ancora il «grande Zacconi» se s'era potuto così goffamente ingannare scambiando un aborto per un'opera sana e completa? Non aveva egli letta quella «tragedia»? E come mai non s'era avvisto che era «una farsa»? Peggio: come mai l'aveva egli giudicata degna degli onori della rappresentazione? Non era egli, perfino, riuscito ad ottenere che il Divo accondiscendesse ai molti tagli da lui proposti, assicurando che, - dopo quelle operazioni chirurgiche», la tragedia sarebbe divenuta sana, forte e sicura d'un colossale trionfo?
     
     *

      Ciro Galvani - che, recitando, aveva fatto ogni sforzo per galvanizzare il pubblico - chiedeva a chiunque, tenendo gli occhi su Re Riccardi: «Ma dite, su, ditemi: è mai vero che la mia voce non giunge alle orecchie della platea?» - E ciò egli diceva colla più chiara, più bella voce di un baritono tenoreggiante.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





Zacconi Napoli Zacconi Amore Zacconi Divo Galvani Re Riccardi