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      Ed era vero; ma il Divo, ai primi urli, era un'altra volta andato a telegrafare.
      Riccardi Re, non che commendatore, esce dal teatro in semplice marsina (e sģ che faceva freddo!; ma quella notte egli aveva addosso il rovello e non avvertiva il rovajo). In via Viminale trova il Divo che passeggiava, solo, tranquillamente, come se il fatto non fosse suo, simile all'«eroe» della sua tragedia, il quale, sull'orlo del precipizio, discorre serenamente, ingemmando il suo discorso di belle sentenze e di racconti freddamente orditi. - E poi vogliono dire i malevoli che Gabriele non sia che un superuomo per burla!
      Riccardi Re dą un balzo di gioja, raggiunge il «superuomo» e umilmente lo prega di ritornare sul palcoscenico, dicendogli: Ma non sa nulla lei? Il pubblico va in broda di succiole. La sala prorompe in applausi. Venga! Venga!
      E il Divo si lascia condurre.
     
     *

      La signora Ines Cristina - che stavolta non fa nč disfą il suo mazzo di viole - č raggiante. E come no? Non ha essa salvato il suo onore di grande artista? Effettivamente, il pubblico ha riconosciuto il suo eccezionale valore e l'ha freneticamente applaudita. Il Divo si degna sorriderle e le fa un complimento pel di lei successo; ed ella, da donna di spirito: «Ma son'io che sono obbligata verso di lei, cui debbo la presente mia grande consolazione». - Infatti, quella volta essa era sicura che gli applausi erano stati solo a lei, che aveva saputo meritarseli recitando in una sciocca tragedia; essa sentivasi, dunque, obbligata al Divo che con quell'orrendo pasticcio tragicomico nč carne nč pesce aveva messo lei alla gran prova del fuoco, il cui effetto sarebbe stato: o di troncare miseramente la sua carriera se si fosse fatta fischiare, o di salire agli apogei cui č dato levarsi solo ai grandi artisti, se - non ostante l'assurditą del personaggio che rappresentava - si fosse fatta applaudire.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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