Ma gli è che io son io; voglio dire che quando una frase, una proposizione, una parola mi riempie a meraviglia le orecchie, non cerco più in là, e mi vi afferro e la inchiodo sulla carta o la lancio fuori dalle mie labbra, contemplandola nei suoi segni grafici o nelle sue vibrazioni armoniose, dica pure una sculacciabile sciocchezza. D'altronde voi, miei fedeli cretinoidi, non mi applaudite voi, forse, per questo? E allora?
«Qual mai potenza può oggi rivendicare contro la mia arte, se la mia arte ha celebrato e celebra, nella più schietta ed energica lingua d'Italia,(6) le più superbe e sante potenze della vita...», le quali io ho impersonate in Brando ladro ed assassino?
«In nome di qual principe degno di esser nato e coronato re (come son io) domandano la mia deposizione i poveracci che si sfamano cogli avanzi dei miei conviti e i ladruncoli che trafugano i frutti degli alberi dei miei giardini?»
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- (Qui il Divo si ferma di botto, come chi, correndo all'impazzata, si accorga di avere smarrita la sua strada. Infatti, i poveracci, di cui egli ha parlato, che si sfamano cogli avanzi dei suoi conviti, e i ladruncoli che trafugano i frutti degli alberi dei suoi giardini, ecco, egli se li vede attorno alla sua piccioletta augusta persona, rispettosi ed umili, come sempre, pronti a leccargli il sedere, come sempre, e, come sempre, entusiasti della sua arte, che «celebra le più superbe e sante potenze della vita» spargendo intornod'ascelle e d'inguini
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Italia Brando Divo
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