I quali, per dir bene o male d'un'opera, aspettano che gli spettatori-barbieri della sala pronunziino su di essa il loro giudizio applaudendo o fischiando. Ora, poichè gli spettatori-barbieri applaudirono la Figlia di Jorio, da essi, solo da essi i critici-magni dedussero la grandezza e perfezione di quel parto dannunziano; e ne tirarono anche la conseguenza che «quel pubblico plaudente aveva sentito la solennità di assistere al cominciamento di una grande rinnovazione letteraria.»
Fu dunque sul pubblico plaudente che essi - i critici-illustri - eressero l'edificio della loro iperbolica lode.
E guardate: mentre a giudicare di una qualsiasi cosa si richiede lo speciale perito: l'ingegnere per le fabbriche, il medico per le malattie, il magistrato pei delitti, il pittore per la tecnica delle pitture, lo scultore per la tecnica delle sculture, il letterato per la tecnica delle opere letterarie, e così via, una folla di semi-analfabeti, di sensali, d'impiegati, di operai, di bordellieri, di nobiliume, di scolari sgrammaticanti, ecc. ecc. sarebbe competente a sentenziare che la Figlia di Jorio è un capolavoro immortale! E, posando i piedi su così solida base, essi, i critici-luminari, si sentirono autorizzati ad affermare che «i principalissimi motivi di quegli applausi sono l'anima ingenua, semplice, primitiva dei personaggi di questo dramma, e la ispirazione che al D'Annunzio viene dalla realtà, maestra d'arte a tutti gli uomini di genio»; mentre, delle opere del Divo che si discostano dalla realtà le mille miglia, la più falsa è questa Figlia di Jorio, i cui protagonisti sono contadini di nome, ma sono, di fatto, leziosi dicitori di frasi dannunziane leccate, inamidate, ricercate, e perciò senza sapore di semplicità e di verità. La loro psiche è quasi sempre parlata anzichè agìta, sopratutto la psiche delle donne, le quali sono bambolone che recitano a memoria, perchè quello che dicono non procede dall'anima che esse non hanno, ma dal congegno che l'industrioso burattinaio ha posto in ciascuna di esse, e perciò non dicono altro che parole, le quali putono fin troppo del dizionario dannunziano.
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