e non segue la via perchè conosceche arrivare non può dove è il suo core,
quando è notte e l'avemaria non s'ode.
È una contadina costei, o una maestra elementare che fa le sue prime prove di bello scrivere?
Ma più saputa è Mila quando dice ad Ornella:
Creatura, ora sembra che a tel'anima tua sia vestimento
e ch'io possa toccarla stendendoverso te la mia mano di fede.
E Ornella a Mila, con ricercata eleganza, così:
...e vedertivo' talvolta nei sogni dell'alba.
E Mila a Lazzaro, nello stesso tono, così:
E m'ardano il corpoe vengan le tue donne a guardare
e si rallegrino. Forseuna caccerà la sua mano
nella fiamma senza bruciarsi,
per trarne fuora il mio core.
Ed Aligi, da consumato maestro di bei costrutti:
La faccia sua non la potei imparareper lavorarla, madre, in verità.
Come sapete, nel dramma dannunziano Mila è una contadina-cagna alla quale i contadini-cani corrono dietro e, l'uno appresso l'altro, la posseggono, ponendosela sotto per forza. Dovrebbe far pietà, ma fa schifo; e deve averne addosso degli insetti molesti, e deve anche emanare da lei un certo putidore.... Ma, chi lo crederebbe?, l'anima di lei è rimasta pura ed è olente. E, ciò che più monta, dalla sua bocca le parole escono tutte nobili, tutte scelte, sono, insomma, parole dannunzianamente preziose. Al D'Annunzio..., pardon, ad Aligi, che le ha detto:
Questi fioretti di Santo Giovanni
io tolgo dalla mazza del pastoree te li metto qui davanti ai piedi.
Io non ti guardo, che me ne vergogno.
Dietro a te sta l'angelo dolente.
Ma questa mano triste che t'offese
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