Il quale - proprio! - «è avvinto dalla fede onde è sinceramente calda l'anima semplice, primitiva dei personaggi del suo dramma»! - Anima primitiva e semplice quella di Mila e di Aligi! Ma voi bestemmiate, cioè, voi pensate come le bestie. Gli è che voi non avete letto il «gran capolavoro». - Già! Al D'Annunzio l'ispirazione viene dalla realtà! Ma quale realtà? quella dei campi nei quali non è mai vissuto? quella dei contadini coi quali non si è mai mescolato, perchè egli, falso, vive e sente di vivere solo nell'aria falsa dei salotti signorili, dove tutto è falso, perfino il piacere? - Già! Aligi e Mila sono creature reali! E quel che è più, sono reali perchè la folla dei barbieri e simili battè loro freneticamente le mani! Ma ciò che quei barbieri applaudirono fu il fattaccio, fu l'acre lezzo ircino e caprino che, a zaffate, eccitando, per le narici dilatate, il loro cervelletto e percorrendo la loro spina dorsale, operò in essi quella tale resurrezione bestiale della carne, onde anch'essi si sentirono presi per la Mila - dico bene - non per l'autentica Mila contadina pidocchiosa e cenciosa, ma per la Mila del palcoscenico, fresca per sapiente belletto, linda, appetitosa e procace sotto il suo bel costume odorante di falsa abruzzese. Sì, quella folla applaudì al fattaccio che dà un tonfo in piena pornografia, anzi in pieno incesto, al fattaccio di cronaca che fa ascendere al decuplo la tiratura del giornale che lo narra e lo descrive, al fattaccio che fa accorrere una folla di curiosi d'ambo i sessi e di tutti i gradi sociali alle corti di assise.
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