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«È una follia d'isterico!»
Moltissimi giornali registrarono in cronaca che - non ostante i numerosi tagli - lo spettacolo era sì lungo e accablant che non poche signore abbandonarono il teatro, specie durante il 4° atto, dopo avere visto e ammirato il magnifico quadro scenico, unica attrattiva della pièce.
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Il Martirio di San Sebastiano, edito nel giugno del 1911 da Calman Levy, è stato dedicato dal D'Annunzio, con sbalordente copia di puerili inutili parole, a Maurizio Barrère. Fra le altre «belle cose» che gli dice c'è anche questa:
«Vi confesso che - quando io compî queste mie cinque Vetrate - fui certo di andare in pellegrinaggio a Chartres per rimirarne le belle vetrate e per deporre il mio manoscritto - non già sull'altare, alla mercè di Dio, come un tempo le povere cortigiane di Chartres usavano coi loro bambini difettosi - ma all'angolo meridionale della chiesa ove è scolpito l'Asino che suona la ghironda» (la vielle).
Bravo! Ma sventuratamente il Divo non ne fece nulla, e ce ne dice il perchè, il quale è, davvero, un dannunziano perchè:
«Non avevo mai veduto un cielo più ampio e più indulgente sopra una ubertà più silenziosa. La Beauce, tutta verde, tremava... e ai rami dei meli fioriti le nubi parevano ripiegarsi come lembi di veste fra le mani di donne pronte a uno stornello... - (Oh seicento calunniato!) - Allora, scorgendo le due frecce di pietra che trafiggono il cuore stesso dell'Eterno, ebbi la fede del buon maestro vetraio, che, per volere rivelare d'improvviso la bellezza della sua opera trasparente, confida nel raggio del sole di Dio.
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