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      »... - Ma, e questi pochi chi sono? E se son pochi, oh, perchè han chiamato e chiamano Enotrio «Poeta della Patria»? - Ah! le moltitudini plaudenti a me, loro Immaginifico! Io sì, io sono il Poeta della Patria, perchè tutti i barbieri d'ogni classe, d'ogni grado, d'ogni condizione - (e sono un esercito infinito) - mi battono le mani. - Ma, fra quei pochi che provano maschio e composto dolore per la morte di Enotrio, ci sono io o non ci sono? - Non ci sono e ci sono. Non ci sono per ciò che riguarda la maschilità del dolore: un dolor maschio è un dolore veramente sentito, ed ha forma spontanea, ed è, perciò, rude, senza smancerie, senza pose, senza pubblicità, senza réclame, e perciò non mi riguarda; il mio, se mai, sarebbe un dolore lisciato, azzimato profumato, leccato, loquace e femmineo: onde vi dico che frai pochi che provano maschio dolore per la morte di Enotrio io non ci sono; ma sono frai pochi che per quella morte provano un dolore composto; infatti il mio è sempre un dolore composto di parole e di atteggiamenti rettorici. - «Non so se la mia attitudine pubblica... (di addolorato, di uomo in preda a un dolore composto)... potrà essere pari al mio sentimento vero». - Infatti, è la mia attitudine pubblica che mi impone di mostrarmi addolorato; ma dentro - in verità - io gioisco che Enotrio è morto. Egli, colla sua grossa brutta testa capelluta, con quelle sue spalle di facchino, con quella sua pancia prominente di sileno avvinazzato, gettava una certa ombra sulla mia piccola femminilmente delicata personcina.


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





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