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      - La sua vita trascorse fra «la più desolata impotenza», fra «l'onta del balbettio fioco delle lagrime irrefrenabili; egli fu indegno, infine, di ricevere, col dardo subitaneo dell'inneggiata Diana, la buona morte». La sua, infatti, è stata una mala morte, e per colpa sua: egli sarebbe dovuto morire di subito, di colpo apoplettico, per esempio, o per suicidio, anzichè lasciarsi lentamente morire roso nelle viscere dal dente inesorabile del troppo vino e dei troppi liquori. Ma ciò, forse, egli fece per calcolo, per dar tempo ai suoi fratelli massoni di fargli assegnare le non meritate ricompense: la pensione di dodici mila lire annue e il premio Nobel, le due vie preparatorie alla non lontana apoteosi. - Dopo ciò, parrebbe che io molto e bene lo conoscessi; ma la verità è che io «poco lo conobbi». Ma gli è perchè poco lo conobbi che io ve l'ho così bene dipinto: «anima di guerriero chiusa in late spalle e grossa pancia, questa e quelle sorrette da due gambe titubanti; collo gonfio d'un soffio bellicoso, strozzato da una cravatta notarile... - Sì, poco lo conobbi, «però» molto lo amai di un amore accorato». - Chi ne indovina il perchè? - Ecco: «lo amai di un amore accorato per la forza di passione e di malinconia che era in lui». - Vedo che non ne capite niente; ma state tranquilli; neppur io ne capisco buccicata. «Forza di passione e malinconia in Enotrio»?.... Per la passione, passi: infatti, una passione egli la ebbe e grandissima e invincibile: quella del bere. Ma può mai passare la malinconia?


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La Superfemina abruzzese
di Enotrio Ladenarda
Pedone Lauriel Palermo
1914 pagine 253

   





Diana Nobel Enotrio