... Più tardi ascoltai la musica infinita che la sera faceva intorno al suo silenzio. - Egli, voi lo sapete, era stato un chiacchierone che mai l'uguale, specie la sera, quando aveva molte volte baciato la bottiglia; sicchè, non è da fare le maraviglie, se allo improvviso, insolito silenzio di Giovannino, la sera del 6 aprile 1912, non più disturbata, dette la stura alla sua musica infinita. Piuttosto dovreste meravigliarmi di me, unico mortale al mondo che abbia sentita quella musica, perchè una cosa è la infinita musica della sera ch'io raccolsi nelle mie orecchie superumane, e un'altra cosa la musica delle sfere celesti udita da Platone; quella che ho ascoltata io era una specie di serenata che la sera faceva attorno al silenzio di un morto, una musica di occasione - come vedete - ma che, intanto, nessuno ascoltò e che io solo ascoltai - e me ne vanto. - Vi dirò che in quella sera - (era un venerdì - il giorno in cui io son nato - sacro a Venere e agli amori) - cedendo alla svogliatezza primaverile, io mi misi a svolgere un libro di figure: era l'Inno a Roma di Giovannino.... Mi soffermai su l'impronta dell'ascia romana e sui seguenti orribili esametri:
Ascia, teque eadem magnae devovit in orisomnibus Italiae, dein toto condidit orbe.
Ebbene, che direste voi s'io vi dicessi che cotesti esametri mi fecero respirare a pieni polmoni? Non dimenticate che era quella appunto la sera che Giovannino moriva e che attorno al suo silenzio essa faceva un'infinita musica, che io da questa landa francese, bagnata dal mar di Guascogna, nettamente udii con queste mie proprie orecchie.
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